di Olivia Rodrigo

2023 – Geffen Records

Sono dannatamente in ritardo con la stesura di questa recensione che dovrebbe essere pubblicata tra un paio d’ore. Odio essere in ritardo, ma mi son voluto prendere tutto il tempo possibile ed immaginabile per scrivere queste poche righe che andranno a descrivere uno degli album più attesi dell’anno e che potrebbe puntare a diventare uno degli album dell’anno. Mi son voluto prendere il mio tempo, dicevo. Ho voluto ascoltare canzone per canzone più e più volte, capire le emozioni dell’autrice, le mie, capire cosa stesse succedendo, capire perchè mi sentissi rapito da tutto ciò, da queste chitarre, da quella voce, da questo approccio pop rock aggressivo andante. Ho voluto, insomma, ascoltarlo in tutto e per tutto cercando di cogliere le varie sfumature cercando di avere sempre più cognizione di causa di ciò che stavo ascoltando. Eppure non ne sono venuto a capo. Sono ancora perso, totalmente, nell’ebbrezza dell’ascolto di un disco che sto adorando. Insomma, è un casino. 

Benvenuti in GUTS, benvenuti nel fantastico mondo di Olivia Rodrigo.

Uno strepitoso secondo album in cui si cerca ancora il proprio posto nel mondo, ma con lo spirito prorompente tipico della gioventù. Siamo tornati al liceo, quando il futuro era troppo lontano, e passavamo il resto del tempo a pensare al presente. La perfetta colonna sonora di un film (post)adolescenziale che prende un po’ di Avril Lavigne e un po’ i Blondie. Un rock che non c’è più, ricomposto per far spazio al suo suono nel presente.
Un disco esagerato come tutti noi quando siamo accecati dall’amore (“Everything I do is tragic/Every guy I like is gay”), un disco che sa dove andare a parare se deve farsi dei nemici: ragazzi di merda, ansia sociale, ossessioni competitive con quelle compagne di classe così vanitose e sgradevoli.
Ma qui, appunto, la presa di coscienza: in pezzi come “all-american bitch”, la rivalsa prende il posto dell’insicurezza : essere sexy, altruiste e ambiziose e, qualunque cosa accada, essere sempre grate.
Insomma: SOUR era il dolore, il senso di malessere dopo la fine di una storia d’amore; GUTS, invece, il passo successivo, la voglia di darsi al mondo senza riserve e timore.

Ci sono, però, anche le ballad che hanno reso Olivia Rodrigo la “ragazza della porta accanto”.
Le parti più cupe dell’album, però, a volte finiscono per essere ridondanti, con i temi canonici che riportano irrimediabilmente ai suoni e alla scrittura del disco d’esordio. Come nel caso di “The Grudge”, che ricorda tanto, forse troppo, Driver License.
Un disco quindi che, sì, ha delle imperfezioni, ma che non ha sbagliato nulla nella sua totalità ed interezza. Scorre via senza farlo effettivamente, fa pensare, fa riflettere. Finisce e ricomincia, un po’ come ogni periodo della vita, un po’ come l’amore, che Olivia sta ancora imparando a capire cosa sia.
E’ un disco, anzi una realtà, quella che Olivia ha creato in questi due suoi album in cui, lo ammetto, vivrei volentieri e, dirò di più, se dovessi essere obbligato ad ascoltare un disco per tutta la vita questa sarebbe una delle opzioni. Grazie

Non so cos’altro aggiungere per terminare questa recensione, forse perchè Olivia Rodrigo ha già detto tutto. Di nuovo.

Lascia un commento

Progetta un sito come questo con WordPress.com
Comincia ora