di Slowdive

2023 – Dead Oceans

Quante band conosciamo con all’attivo un capolavoro universalmente riconosciuto come tale? Non sono tante, nemmeno pochissime per carità, ma non sono tante, ci tengo a ribadirlo. Ecco, gli Slowdive sono una di queste band, il loro capolavoro non vi dico quale sia per due motivi: il primo è che dovreste saperlo; il secondo è che se davvero non lo conosceste o non aveste mai sentito parlare degli Slowdive allora non voglio che perdiate quella curiosità che, spero, vi spinga ad andarli a cercare su YouTube, Spotify o dove volete per scoprire una band clamorosa. 

Gli Slowdive, dunque. Una storia strana che, al contempo, è una storia come tante altre: tra i genitori dello shoegaze, finiscono un po’ lontano dalle copertine col passare del tempo e delle mode, quella dello shoegaze per l’appunto, ma riescono a ritornare in sella nel 2017 col disco omonimo pubblicato a ventidue anni di distanza da Pygmalion (1995). Ed eccoli, sei anni dopo, con un nuovo progetto. 

Ora ci tocca leggere tra le righe. Di fatto, everything is alive, è il secondo secondo disco del gruppo britannico, perché quando sei anni fa sono tornati sulle scene si sono ritrovati in un mercato musicale totalmente diverso da quello frequentato più di vent’anni prima. E quindi? Sono cambiati? Il disco non è all’altezza? Il rock ha trovato nuova luce e nuovi suoni? Diciamo che, sì, il suono del gruppo è cambiato (basti pensare che il progetto nasce come disco solista di musica elettronica minimale di Neil Halstead), ma gli Slowdive sono sempre loro: un muro impattante di chitarre e tutto il mondo del rock declinato alla loro maniera. 

Spunti elettronici e chitarre, un’accoppiata interessante che trova sfogo nelle ballad del disco che sono così Slowdive, ma al contempo piene di echi e ritmiche a scandire lo strumming della chitarra acustica ed il progredire sonoro forse più pop che rock. I brani, dunque, compiono un tipo di percorso che, paradossalmente, permette loro di funzionare sia presi singolarmente che nell’interezza del disco. 

Stiamo parlando, quindi, di un album che conforta col suo suono più rock che strizza l’occhio al passato, ma che, contemporaneamente, spazia nell’infinito mondo dell’elettronica. 
Insomma, gli Slowdive sono sulle scene da più di trent’anni e hanno capito una cosa: più a lungo vivi, più il centro del “dramma” si allontana dalla cornice e più entri in sintonia con i cambiamenti che avvengono tutto intorno. Everything is alive, sì, ma solo per un momento o due.

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