di Post Malone 

2023 – Mercury Records/Republic Records

Diciassette tracce, diciotto nella versione bonus, per presentare al mondo Austin, lasciando indietro Post Malone. Il quinto album dell’artista di Syracuse si intitola Austin, suo nome all’anagrafe, ed è un inno alla fragilità. Un manifesto di cosa l’artista vorrebbe essere in futuro, in contrasto con cosa è stato nel passato. 

Per renderci partecipi di questo percorso, Post Malone ha scelto di non avere nessuno al suo fianco, eccetto la sua chitarra, unica presenza fissa del disco. Ha scelto di non inserire featuring che è una scelta in controtendenza rispetto ai dischi rap contemporanei. E infatti Austin non è un disco rap. Esatto, perché Austin è un disco pop mediocre che avrebbe voluto essere tutto ciò che ho scritto nelle righe precedenti ed invece non è nulla. 

Partiamo dal principio. 

Quando intitoli un disco col tuo nome, allora, dovrebbe essere un disco introspettivo e dovrebbe avere il chiaro intento di metterti a nudo di fronte al pubblico. 

Poi, un disco non è un guitar album solo perché la chitarra è presente in tutti i brani. 

Per qualche ragione, da ritrovare nella prova di fiducia con i fan o con il mercato, Malone non lascia respirare queste canzoni. Il risultato è un album tutto fumo e niente arrosto.

Per carità, degli spunti carini ci sono. Pezzi come Speedometer, oppure il pezzo folk Green Thumb. Potrebbe essere la cosa più ambiziosa, dal punto di vista creativo, che Malone abbia mai tentato, cosa che anche lui ammette, in quanto ne ha spesso parlato di quanto questa, probabilmente, sia tra le sue preferite. Ma è un pezzo così breve da passare senza accorgersene.

In questi diciassette brani, troppi, Malone ci parla a lungo di sé, della persona dietro il personaggio, ma anche dando per buona la sincerità, questo non basta a fare di Austin un album interessante. 

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