di Christian Petzold – 2023

Fuori Concorso al 41° Torino Film Festival

Abbiamo tutti un costante bisogno di sentirci parte di qualcosa, un microcosmo che passi dalla famiglia alla sfera delle amicizie. Ma ragionando più in grande, abbiamo bisogno di sentirci bene con il resto del mondo, soddisfatti dalla nostra presenza nella società, ma soprattutto sapere di avere un ruolo, un obiettivo, una costante che ci spinga sempre più in avanti. 

Leon, un posto, sente di non averlo. Spera di diventare uno scrittore affermato, ritiene di essere all’altezza del mestiere, ma nel profondo è consapevole di essere ancora profondamente acerbo. Tuttavia una sincera presunzione lo rende irrequieto, e lo fa sentire totalmente incompreso. Approfitta della casa dell’amico Felix per staccare la spina, trovare un po’ di ispirazione, in attesa che il suo editore, Helmut, lo raggiunga per aggiustare gli ultimi dettagli del suo nuovo progetto, “Club Sandwich”. 

Incontrano qui Nadja, affittuaria, ragazza bella ma libertina. Disturba Leon e Felix con le sue rumorose notti di sesso con Devid. Leon prova per Nadja sensazioni contrastanti: è come se rifiutasse ma al contempo accarezzasse la sua presenza, come se fosse ragione e dolore della sua permanenza. Nel conoscerla, se ne innamora. 

La osserva, le parla, sempre con quella sua aria boriosa di superiorità. Vede Nadja solo come una gelataia, una persona semplice, ma al contempo la ritiene speciale. Motivo per cui decide di farle leggere il suo romanzo. 

Nel frattempo, attorno ai quattro ragazzi impervia l’inferno, quasi letteralmente: gli incendi boschivi mettono a repentaglio la calma di questo paese di mare sperduto in Germania. 

Le storie di Petzold, specie l’ultimo, mettono sempre i protagonisti in uno stato di fermo, obbligati da eventi esterni e incontrollabili a riflettere su loro stessi, a dover uscire dalla loro zona di comfort. 

Era il caso di Tranzit, è il caso di Afire. Guarda Caso, entrambi i protagonisti sono proprio scrittori. 

Il nuovo lungometraggio, parte di una ideale trilogia sugli elementi terrestri e cominciato con il precedente Undine, è un nuovo studio sulle idiosincrasie. Leon è un personaggio contraddittorio, a tratti fastidioso, presuntuoso, e per questo molto umano. Nadja, la sua controparte femminile, è molto umile, emancipata, e anche molto acculturata. Tiene testa a Leon, e gli permette di psicanalizzarsi, insieme alla situazione di esilio che li accomuna. E che in qualche modo, permette a entrambi di valutare la propria esistenza. 

Sicuramente, però, a colpire di più è decisamente il rapporto che si sviluppa tra loro, più che i problemi individuali. Quella di Leon e Nadja è un’alchimia poco tangibile, un continuo cercarsi senza mai volersi davvero. È quasi come se la dimora, e più in generale, il luogo circoscritto dalle fiamme degli incendi boschivi, in qualche modo li obblighi ad avvicinarsi tra loro. Chiamatela sfortuna, più banalmente destino, ma il loro è un sentimento complicato, ma via via sempre più intenso. 

Non illudetevi però: non è un film d’amore. Come sempre, come di fronte alle emozioni, c’è sempre molto di più.

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