di Emerald Fennell – 2023

Disponibile su Prime Video

Un uomo misterioso si infiltra, come un malessere, nella vita quotidiana di una famiglia benestante. La sua personalità e carisma sono una calamita per chiunque, all’interno della immensa dimora di campagna e delle persone che la abitano.

L’uomo misterioso conquista chiunque come una preda, come un sesso che non si riesce a trattenere. Pian piano, mitiga chiunque graviti intorno a quelle sale immense, che quasi si fatica a credere possano essere abitate da un nucleo di 4 persone. 

Eppure questo messia ha la meglio su tutti. Approfitta dell’accoglienza, penetrando nelle turbe e nei corpi di ognuno.

Questa,a grandi linee, è la sinossi di Teorema di Pasolini. Ma noi dovevamo parlare di Saltburn giusto? Beh, la verità è che il soggetto della Ferrell (che ci aveva piacevolmente sorpreso con il suo Promising Young Woman) non si discosta poi dalle basi che mise il nostro grande intellettuale ormai nel lontano 1968. Soltanto che uno è un capolavoro, l’altro ce lo dimenticheremo domani.

Il protagonista questa volta un nome lo ha, si chiama Oliver, ed è soltanto uno che vuole fare amicizia, poi scopare, con un ragazzo di nome Felix. Felix è il belloccio della situazione, ricco di famiglia, e in qualche modo prende a cuore il giovane Oliver, figlio (presunto) di un padre mancato e di una madre alcolizzata. 

Felix è un dissoluto, ma non manca di sensibilità. Lo invita allora nella sua immensa dimora di Saltburn, dove Oliver ha modo di conoscere tutta la famiglia del suo innamorato. 

In Oliver, però, sorge una vera e propria ossessione per Felix, e scambia il suo mancato ricambio emotivo per una presuntuosa illusione. Allora Oliver vuol vendicarsi, e lo fa sodomizzando chiunque orbiti per la casa, dalla sorella fino alla madre. 

Ma quindi, dove sta l’innovazione? Dove sta la roboante promiscuità? E lo scandalo, invece?

La verità è che ci sorprendiamo sempre per ciò che poi, così originale, non è. Tanto meno scandaloso. E vi prego, non scomodiamo la materia politica, perché qui di politico c’è davvero poco.

Saltburn è l’ennesimo specchietto per le allodole di un cinema che vuole costruire lo scandalo su pretese alquanto vaghe, in una pratica che conta di avvicinare chiunque abbia la presunzione di credere di star guardando del cinema fortemente autoriale, ma che al vero cinema non saprebbe avvicinarsi nemmeno per sbaglio. Gente che ha voglia di loggare su Letterboxd osannando la bellezza di Jacob Elordi, quando in questo film dovremmo soltanto ammirare quel grande attore che è Barry Keoghan, e che regala al film il mordente che serviva per restare fuori dall’oblio. Senza contare il ruolo a margine, ma comunque eccelso, dell’incredibile Rosamund Pike.

Oltre a questo, ovviamente, non buttiamo via nulla, soprattutto la regia della Fennell, ma anche la sua bravura nel sapere scrivere. Perché non si può dire che il film sia girato e scritto male. Il film funziona e attrae.
Ma più di questo, a fine visione, rimane davvero poco. 

Il punto, infatti, è che il film non regala nulla di nuovo. Non storce le budella con quello che fa Oliver, semplicemente perché dietro le sue azioni c’è arrivismo, ma nessuna precisa metafora politica. Semplicemente, alle persone piace viaggiare con la fantasia. Trasportiamo la nostra voglia di eccessi perché forse veniamo castrati, e prodotti come questo qui ci piacciono perché ci ricordano cosa non possiamo essere. 

Continuiamo a soffermarci sulla necessità di costruire prodotti che sappiano provocare. Ma abbiamo già rivelato tutto, i contraccettivi si scaricano sulla tessera sanitaria, e i preservativi si vendono persino assortiti al gusto di frutta. Al supermercato.

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