di Club Dogo

2024 – Island Records

C’è chi dice sia già il disco dell’anno, c’è chi dice che questo disco manderà, o almeno dovrebbe farlo, tanti rapper a lavorare al McDonald’s, c’è chi dice sia già un cult e chi azzarda al capolavoro. Personalmente non mi sento di spingere la mia opinione verso queste dichiarazioni, però certamente concordo su due cose: la prima è che questa pubblicazione ha paralizzato il mercato, o almeno l’attenzione, musicale e la seconda è che se in questo paese esistesse l’onestà intellettuale tanti rapper smetterebbero di fare questo mestiere. 

Ora, parlare del disco, di quanto sia bello, delle produzioni, dei testi o di cos’altro, non so quanto senso abbia per motivi semplici. Erano dieci anni che si aspettava un ritorno ed un disco vecchia maniera dei Dogo. Lo sapevamo, o speravamo, noi pubblico e lo sapevano Jake, Guè e Don Joe. I Dogo, in Italia, sono il rap, sono quelli che hanno cambiato il gioco, anzi, per come lo viviamo oggi sono quelli che l’hanno inventato. Le influenze su tanti artisti contemporanei, il flow, la strada, la semantica dei testi, Mi Fist. Non sono certo io, un piccolo ragazzo cresciuto con la loro musica a dover spiegare cos’abbia voluto dire tutto questo in Italia. 

Ecco, dopo questa introduzione claudicante e sconclusionata cosa dovrei dire? Forse dovrei parlare del disco, di cosa mi ha lasciato, di cosa lascerà. Non voglio, anzi dico due cose, forse tre. La prima è che gli unici due pezzi bruttini sono quelli con Sfera, che non azzecca un pezzo da non so quanto, e con Elodie. Da una parte il “king” della nuova scena e dall’altra l’artista del momento, bella, avvenente, personalmente poco brava. Due pezzi messi lì quasi a riempire un buco che per reale senso del disco. La seconda cosa che ci tenevo a dire, anzi ad evidenziare è la citazione a Note Killer in King of the Jungle. Sì, era giusto farlo, non è la sola al loro passato ovviamente, ma è questa la più palese (è un disco pieno di citazioni hip hop, un numero forse spropositato anche per i Dogo stessi che cose così le hanno sempre fatte, un qualcosa per creare una certa intimità che è sicuramente apprezzata da tutti i fan). Poi? Cos’altro aggiungere? Non lo so, davvero. Sarà un disco che resterà? Me lo auguro. Sarà una pietra miliare come Mi Fist? No, non credo, ma rimane un grande disco, uno di quelli che ti fa apprezzare la vita, la musica e, ancora di più il passato artistico degli autori. 

Non ho detto un cazzo, lo so, ma per me e per questo disco han già detto tutto loro tre, i Club Dogo. 

Per sempre Dogofieri.

Lascia un commento

Progetta un sito come questo con WordPress.com
Comincia ora