Suona la sveglia. Mi alzo. Bagno, pipì. Vago per casa, vado in giardino. Acqua. Piscina. Mi tuffo. Nuoto il giusto per smaltire quel po’ di sbornia rimasta. Esco. Mi asciugo. Torno dentro casa. Caffè. Un pizzico di zucchero. Entro nel bagno turco adiacente la cucina che usiamo come cantina dei vini. Prendo lo champagne e lo metto in freezer. Adesso musica. Cerco lo stereo. Lo accendo. Aspetto il collegamento bluetooth. Parto con gli Smiths. Poi i REM. Gli Stones. I Beatles. Stone Roses. Oasis. Passo a Mia Martini. La Vanoni. Venditti. Baglioni. Gino Paoli. Rino Gaetano. Gli Arctic Monkeys e poi Fibra. Turbe Giovanili. La musica scorre. Va. Canticchio. Accenno qualche movimento di ballo mentre vago per la sala. Immagino scene di me vittorioso, festeggiato, trionfante. Ballo ancora un po’ mentre la musica continua a suonare. Penso a tutte le figure di merda fatte. A tutte le stronzate. Mi guardo allo specchio. Ho su solo le mutande. Mi sembro cambiato? Sono cambiato? Sicuramente sì. Ma non me lo ricordo. Che schifo. La musica continua ad andare. Tocca ai Dogo. Mi diverto con i Dogo. Rido con i Dogo. Altro caffè. Ora passa De André. Ricordo De André. Ricordo i miei diciassette o diciotto anni. Lo veneravo. Volevo essere De André. Portavo i capelli come lui. Fumavo come lui. Cercavo negli armadi dei miei nonni camicie con tagli anni ‘80 per vestire come lui. Ora Rino Gaetano. Canto quelle strofe piene di parole. Parole che rincorrono parole. Lucio Dalla, Battisti, Tozzi, i Righeira. Renato Zero. Altro caffè. Di solito ne bevo uno al giorno. Sono al terzo in poco più di un’ora di vita. Palpitazioni. Fanculo. C’è il sole. Ginnastica. Quattro serie da trenta piegamenti l’una. Altre quattro da trenta addominali l’una. Alzo qualche peso. Squat a gambe larghe. Shaker: latte e proteine. Mi butto di nuovo in piscina. Vado in bagno. Merda. Doccia. Sto male. Valium. Inizio a respirare. Profondamente. C’è ancora il sole. Salgo al piano di sopra. Guardo la libreria. Mi stendo sul tappeto. Guardo ancora la libreria. Mi allungo e prendo un libro di Carver. Leggo un racconto tra i tanti. Vorrei piangere ma sono dieci anni anni che non piango. Quindi non piango. Pensiero: lo champagne sarà esploso? Torno giù di corsa. Apro il freezer. E’ ancora lì. Stappo. Bicchiere. Bevo. Mangio uova e salmone. Bevo. Altro caffè. Pornhub. Cerco qualcosa di nuovo. Una maestra lega uno studente e lo spompina minacciando di bocciarlo se viene. Rido. Mi eccito ma non mi masturbo. Scrivo. Scrivo. Scrivo ancora. Accendo la tv. Scrivo ancora mentre mangio un gelato. Mi chiamano. Non rispondo. Mi richiamano. Spengo il telefono. Mi vesto. Esco. Prendo la macchina. Sul cofano impronte di uccelli. Tutto è lì come ieri. Tutto è bene. Vado al solito ristorante. Da fuori controllo se c’è qualcuno che conosco. Nessuno. Via libera. Entro. Un bianco fermo, per favore. Gelato possibilmente. Alici del Cantabrico. Burro alla vaniglia. Patanegra. Crudi di pesce. Mezza pasta allo scoglio. Baccalà. Pago. Esco e cammino. Sono un po’ stordito. Cinema d’essai. Guardo un film. Torno a casa. Pornhub. C’è la maestra di prima. Rido ancora. Non mi masturbo. Scrivo ancora. Tv. L’aria fredda. Guardo il soffitto. Vago per casa. Rumori in giardino. Non c’è nessuno. Torno alla tv. Mi stendo sul divano. Chiudo gli occhi. Sono ancora vivo?

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