di Avarello

2024 – Avarello

Gli aficionados di queste pagine sanno che odio fare la spesa. Odio trovarmi in un supermercato circondato da persone che fanno la loro sfilata tra un corridoio e l’altro alla ricerca di beni non necessari ma guidati da mera logica consumista. L’unico rimedio a questo stress è la musica. Sceso dalla macchina e preso il carrello, mi metto le cuffiette e mi lascio trasportare. Quello della spesa è un momento che dedico esclusivamente alle nuove uscite o alle nuove scoperte. 

Nell’ultimo periodo è toccato ad Avarello, cantautore siciliano al suo secondo disco (il primo fu Mentre ballo mi annoio, 2021). Ha percorso quella strada, non si è discostato molto dal suo esordio e non poteva essere altrimenti: perché allontanarsi da una formula che riesce così bene? Avarello, tra il suo disco d’esordio e Ceramiche guida ha creato il suo pattern: una musica “da salotto”, la definirebbero in molti. 

In effetti è così. 

La sua è una musica molto delicata, per niente intrusiva, è una musica che coccola l’ascoltatore mentre lo accompagna nella sua giornata. Però non è una musica banale, anzi. Quello di Avarello è un disco molto intimo, è un disco che lo mette a nudo e che cerca di parlare un po’ a tutti noi. 

C’è un verso in Quante volte, all’inizio del ritornello, che recita “guardami, sono un cumulo di insicurezze, stare qui a cantare mi mette pressione”. Sono parole esplicative, semplici, per qualcuno potrebbero suonare anche banali, ma sono parole vere: è la verità di un artista che riesce a sentirsi a proprio agio solamente quando è a contatto con la sua musica che utilizza un po’ come fosse ceramica e da qui si arriva al concept del titolo. L’essere umano è l’artigiano di se stesso, forgia la sua essenza tramite le proprie azioni ed il proprio pensiero. Avarello parla di zone di comfort, di azioni abitudinarie, di un qualcosa che alla lunga può risultare anche limitante. Nella title track canta proprio questo, della routine monotona che non permette uno sguardo a trecentosessanta gradi su tutto ciò che ci circonda. E allora lui critica questo modus operandi dell’essere umano, questo suo bisogno, conscio o inconscio che sia, di rifugiarsi nella solita e classica commedia dei saluti, del tutto a posto, con permesso, scusi tanto (Ceramiche guide).

Questo disco mi ha ricordato molto Brunori, una poetica leggera che nasconde miriadi di sfaccettature che si colgono solamente con l’ascolto ripetuto e ripetuto ancora. 

Era da tanto che non mi capitava di soffermarmi così a lungo su un disco senza chitarre distorte, era da tanto che non mi riavvicinavo a questo tipo di pop, sicuramente quello che preferisco. 

Ci tengo a sottolineare anche che il disco, in digitale, è uscito il 31 maggio, ma era già acquistabile in copia fisica: “decisione nata per portare all’attenzione la questione del modello di pagamento per gli artisti delle piattaforme streaming, che costituisce un danno economico ma anche, e soprattutto, un problema di mentalità”. Sono dell’idea che la musica vada sostenuta e che venga studiato un modello economico diverso, in attesa di tutto ciò invito caldamente chiunque stia leggendo a spendere 10 euro per comprarsi un bel disco. Per favore.

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